mercoledì 29 giugno 2016

Brexit e l'utopia dell'Europa

Lo scorso 24 di giugno, scorrendo la timeline di Facebook, mi sono trovata davanti al post di una mia conoscente trasferita in UK per lavoro da ormai parecchi anni. Sfiduciata, non sapeva bene cosa le sarebbe successo ora che i cittadini inglesi avevano votato per uscire dall’Unione Europea. 
Sono giorni ormai che i telegiornali continuano a parlarci di Brexit e credo che in un modo o nell’altro questo abbia influito sui nostri pensieri. Io infatti è ormai da una settimana che rimugino su quello di cui oggi vi parlerò: non farò disamine politiche o economiche che non mi competono. Vorrei però soffermarmi su un discorso etica e sociale. 

L’uscita della Gran Bretagna, oltre a dimostrarsi catastrofica sui mercati finanziari, ha messo in luce una volta di più, la fragilità intrinseca dell’Unione Europea. Spesso di sente dire che per poter creare una istituzione più giusta si dovrebbe guardare agli Stati Uniti d’America: alla fine gli USA sono un agglomerato di stati sotto la stessa bandiera. In versione teorica sarebbe la strada più giusta da percorrere, ma in quella pratica io penso che sia impossibile. 
Gli USA sono uno stato giovane, nato da alcune costole europee (soprattutto Regno Unito e Francia), all’interno del suo territorio ha vissuto una sola guerra civile e poi è arrivati a noi senza altre grosse interferenze. I cittadini americani, prima dell’appartenenza allo stato, si sentono americani. La bandiera a stelle e strisce non è un orpello da mettere alla finestra se la squadra di basket vince le Olimpiadi, ma è qualcosa da issare ogni mattina davanti al giardino, così come cantare l’inno a scuola e il saluto alla bandiera nelle istituzioni. Noi vediamo queste cose come dei comportamenti estremamente nazionalisti: e in parte è vero, ma sarebbe riduttivo classificarli così: sono gesti che sanno di un forte attaccamento alle radici e alla propria identità. 

In Europa tutto questo è molto complesso: guerre intestine ne abbiamo avute fino agli anni 2000 (Kosovo) e sono comunque nate da residui storici che provengono dall’antichità, dalla caduta dell’Impero Romano in poi. C’è stata una grande frammentazione che ha dato vita ai vari stati i quali si sono sempre combattuti. A mio avviso il cittadino europeo medio non sarebbe capace di perdere il proprio nazionalismo a scapito di un progetto più alto. Gli europei sentono ancora moltissimo l’appartenenza alla propria terra, come qualcosa di sacro ed è questo il grande errore della UE, cioè unire gli stati partendo dall’economia e dalla burocrazia, senza tener conto dei cittadini. Stati come Olanda e Spagna, per esempio, sono diversissimi tra loro, come si può pensare di omologarli partendo dall’economia? 
Foto rubata a Mattia dal suo Blog. 
Questo è l’errore fatto a monte e che ora, con l’uscita della Gran Bretagna, che di fatto ha sempre remato un po’ contro l’UE per poter continuare a sentirsi ancora la potenza imperiale che era nell’800, si potrebbe eliminare. Non sarebbe una cosa semplice, perché si parla di milioni di persone e decine di stati diversi con lingue diverse.
La questione della lingua è l’altra cosa che ci differenzia dagli USA: là si usa l’inglese bastardato, ma è uguale per tutto, dall’Alaska alla Florida. Cambia l’accento, ma niente di più. Qui in Europa ogni stato ha una sua lingua estremamente diversa: come fare ad accumunare sotto la stessa bandiera decine di lingue diverse? Onestamente non so dare una risposta facile: bisognerebbe trovare una lingua che tutti dovrebbero imparare. Sinceramente è un’operazione complessa e molto lunga. È certo che con la buona volontà si può tutto, ma continuo a pensare che non tutti vorrebbero perdere o mettere semplicemente da parte la propria lingua per un’altra. 

Ieri sera Mattia nel suo post su Hand of Doom ha parlato molto efficacemente di un ulteriore problema: l’estrema forza che i partiti secessionisti stanno recuperando. È francamente anacronistico pensare che si possa andare avanti e trovarsi sul mercato globale come piccoli stati o staterelli a cospetto di potenze economiche e geografiche quali America, Cina o anche India. Una piccola Italia dove potrebbe mai pensare di arrivare? O peggio, stati come la Catalogna o la stessa Olanda, minuscoli sulla carta geografica, cosa potrebbero fare? Insieme si è più forti: anche se si parla una lingua diversa, si pensa in maniera diversa, si vive in maniera diversa, si può fare in modo che le cose vadano per il verso giusto. 
L’uscita della Gran Bretagna dall’UE DEVE ESSERE il grido l’allarme per tutti gli altri burocrati di Bruxelles; devono capire che se vogliono portare avanti il sogno di un’Europa Unita, hanno bisogno che anche il popolo ci creda e quindi che siano loro stessi ad essere più vicini alla gente.



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