mercoledì 6 gennaio 2016

And then there were none (BBC1)

Inizio la mia attività seria di blogger con qualcosa di soft: recensione di una miniserie TV della BBC andata in onda durante queste vacanze natalizie. Era un’opera che non vedevo l’ora di gustare, complice l’amore che ho per i libri di Agatha Christie e la mezza infatuazione per Aidan Turner, che seguo dai tempi di Being Human. Inoltre da anni aspettavo una degna rappresentazione di uno dei libri che ha fatto storia, dopo i decenni passati dalle trasposizioni con Peter Ustinov e Angela Lansbury. Ed è qui che giungiamo, a "And then there were none" (In italiano Dieci Piccoli Indiani) della BBC.

Prima di passare al mio giudizio completo, una breve trama.
Dieci persone di estrazione sociale diversa, con lavori diversi e amicizie diverse, vengono invitati da un misterioso anfitrione, sull’isola di Soldier Island, ognuno con una scusa diversa. Quella che doveva essere apparentemente una festa per pochi intimi, si trasformerà in pochi giorni, in una strage, ma non degli innocenti, perché tutti loro sono irrimediabilmente colpevoli di una serie di omicidi, mai giudicati, però, da una giuria di loro pari. Lo spietato U.N.Owen inizierà la sua caccia, seguendo le orme di una inquietante filastrocca, fino a quando non ne restò neanche uno.

Approcciarsi con un classico della letteratura gialla come “And then there were none”, è sempre un azzardo, perché per prima cosa lo conoscono tutti e poi ha una gran fan base: la zia Agatha è un punto di partenza per chiunque e Dieci Piccoli Indiani è sicuramente il romanzo che l’ha consacrata, nonostante non sia presente nessuno dei due suoi personaggi più conosciuti, Poirot e Ms Marple. Detto ciò, per andare lontano, bisogna arrivare alla perfezione cinematografica.
Questa versione della BBC non è perfetta, però ci arriva più vicino di tutte le altre trasposizioni. Sono due le cose che mi hanno fatto storcere tanto il naso: sono il rapporto sessuale tra Vera Claythorne e Philip Lombard e il coca-party che gli ultimi quattro sopravvissuti fanno durante la loro ultima notte all’isola. Queste sono parti non coerenti con il libro e la prosa della Christie, che mai avrebbe fatto fare ai suoi protagonisti, o meglio, non avrebbe mai descritto una scena a base di sniffate e bevute direttamente dalla bottiglia. Per non parlare dell’incontro notturno di Vera e Lombard.
Inoltre ci sono tanti piccoli aggiustamenti che però non danno veramente fastidio, il più immediato è il trasformare i “negretti” della filastrocca in “soldati”, forse più politically correct in questi tempi, problemi che la Christie non aveva negli anni ’30. Ci sono anche alcuni personaggi che vengono un po’ cambiati per adeguarsi meglio, ma appunto sono piccolezze, alla fine non danno fastidio.


Per fortuna c’è anche una parte bella, che diciamocelo, è quella maggiore maggiore.
La prima cosa che mi sento di segnalare è il grande lavoro che hanno fatto gli sceneggiatori per ricreare quella che è la sensazione di claustrofobia e di malessere che pervade la serie dal primo secondo all’ultimo: ricalca magnificamente il libro che mi ha sempre parecchio spaventato o comunque lasciato una sorta di inquietudine. Questo grazie a bellissime inquadrature anche al rallenty, la musica di sottofondo e una gran cura per i dettagli che è sempre uno dei marchi di garanzia della TV inglese. È la cosa che più mi ha colpito e un aiuto enorme viene dato anche dagli attori, che sono pienamente calati nella loro parte e riescono a creare un quadro perfetto. I migliori senza dubbio sono Maeve Dermody (vera Claythorne), Noah Taylor (Thomas Rogers) e Charles Dance (Giudice Wargrave), ma anche Aidan Turner (Philip Lombard) e Douglas Booth (Anthony Marston).
Un’altra cosa che mi è piaciuta da impazzire è stato il usare i flashback per descrivere tutte le colpe degli imputati: la Christie questo non l’ha mai mostrato, ha solo dato delle brevi descrizioni, quasi asettiche, su quello che ha portato i vari personaggi a Nigger Island (nella serie l’hanno cambiata in Soldier Island) e lasciando al giudice Wargrave a spiegare il perché e il come delle sue azioni. Invece gli sceneggiatori sono stati molto intelligenti a far vedere quello che normalmente solo immaginiamo, perché riescono a rendere più vero il tutto. Questo è forse il grande difetto di Agatha Christie, quello di non riuscire a descrivere al meglio il sangue, la morte, rendendola quasi distaccata. Una scelta stilistica particolare, per chi scrive di gialli, ma che l’ha resa unica e subito riconoscibile.

E voi l’avete visto? Che ne pensate in merito?

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